Nello spunto del 22 Gennaio intitolato “L’Aragosta di Adamo e Eva” abbiamo lasciato i nostri protagonisti Eva e Adamo, pronti ad intraprendere un percorso di formazione, dove la giovane Eva si accingeva a condividere con l’esperto collega Adamo, le ultime tecniche utili ad affrontare il “cambiamento” nel mondo delle vendite in modo positivo e al passo con i tempi.
“Ma prima di parlare di tecnica e metodo“, pensa Eva, “forse devo cercare di far risalire un pò l’autostima del collega, che ultimamente mi sembra scesa a livelli minimi”
Effettivamente, vuoi la difficoltà di gestione delle nuove tecnologie, vuoi le difficoltà sopraggiunte nelle trattative, queste ultime affrontate senza un metodo nuovo e forse con fretta per mancanza di tempo, che la percezione interna del proprio valore come venditore nel nostro Adamo, è venuta un po’ meno.
Pensieri depotenzianti come: ” Ho sempre fatto così!” oppure “Io sono qui per vendere le auto, non per compilare tutti questi report e scartoffie, che mi fanno solo perdere tempo”, “Non ci sono più i clienti di una volta”, si affacciano sempre più spesso nella mente di Adamo, che cade in un pensiero ricorrente negativo e senza uscita, che si autoalimenta facendogli credere di non essere più capace di fare il suo mestiere, che in 25 anni gli ha dato grandi soddisfazioni.
La mano tesa da Eva è arrivata al momento giusto, per interrompere questo “disco” negativo, che a volte necessita di un’azione di “rottura” per far saltare la puntina, un pò come se incidessimo su un disco in vinile un solco con una punta di ferro. Questa azione bloccherebbe la puntina, con la conseguenza di interrompere la musica negativa per la nostra stima e la nostra percezione di valore.
Quando la stima in noi stessi scende, automaticamente perdiamo anche di vista il nostro valore.
Stima interna e valore sono collegati, e vediamo come.
Prendiamo un brano di un libro di Rob Moore “I Am Worth More” che spiega in modo concreto il collegamento:
- Valore e autostima
Il valore è la proiezione esterna, il costo che si applica a qualcosa basato sulla nostra percezione, i nostri valori e la stima interna. Il valore può essere malleabile ma la stima interna deve essere fissa.
Se non si valorizza se stessi, è difficile dare valore a ciò che ci circonda, per questo autostima e valore esterno percepito sono collegati, il primo è una percezione che non è realtà, ma diventa la nostra realtà e influenza noi stessi, il secondo invece influenza gli altri attorno a noi, è la proiezione esterna del nostro valore. Se si ha stima in se stessi, il mondo ci stimerà poiché è uno specchio della nostra percezione del sé.
Eva prima di iniziare la prima ” chiacchierata informale” con il collega gli pone una domanda secca:
” Senti Adamo, ma in questi tuoi 25 anni di carriera, quante auto hai venduto?”
Adamo un po’ sorpreso dalla domanda, fa un rapido conto e risponde:
“Circa 3.500”
“Bene” risponde Eva, e incalza: ” pensa che io abito in un paese di 3.750 abitanti, per cui è come se tu avessi venduto una vettura a tutti i miei compaesani, chiaramente tolti i bambini e ragazzi sotto l’età della patente.
3.500 persone di estrazioni diverse, genere diverso, istruzione diversa, che si sono fidate di te.
3.500 persone che ti hanno consegnato i loro soldi, i loro sudati risparmi, per ottenere in cambio un bene di cui non avevi neanche l’esclusiva.
3.500 persone che hanno per prima cosa comprato te, i tuoi valori, il tuo modo di essere, la tua professionalità e la tua onestà.
“Diavolo!! “ribatte Adamo, “sai che non ci avevo mai pensato… effettivamente è una bella sensazione e mi sento un pò rinfrancato, anzi sono proprio orgoglioso di me, sopratutto perché a distanza di anni i miei clienti continuano a seguirmi e ad affidarsi a me, nonostante abbia cambiato marchi di vetture da vendere, a riprova che prima dell’auto, dei servizi, della concessionaria o peggio del prezzo. i clienti scelgono me.”
“Dai Eva”, dice Adamo, “mettiamoci al lavoro, quale è il primo ” segreto che mi vuoi svelare?”
Eva un pò imbarazzata, ma felice di aver risvegliato un pò di amor proprio, di energia nel collega e di averlo reso consapevole del suo valore, gli propone un secondo quesito:
“Adamo, tu sei un perfezionista?, Sei sempre alla ricerca della perfezione, vero?”
Adamo riflette un pò sulla domanda e risponde in modo sincero:
“Eva, sei un diavoletto; con una semplice domanda mi hai indotto un ragionamento, che ha aumentato di colpo la mia consapevolezza, rispetto al mio modus operandi dell’utimo periodo negativo.
Forse stavo cercando di raggiungere la perfezione, cosa che mi ha sempre contraddistinto negli anni, senza avere gli strumenti adatti e questa impossibilità soggettiva di raggiungerla si è ritorta su me stesso, facendomi credere di essere inadeguato, e facendomi dimenticare il valore di una vita.
“In effetti” spiega Eva, “il paradosso del perfezionismo è che più si cerca di raggiungerlo, più la realtà ci sembra imperfetta.
Bisogna raggiungere la consapevolezza che si è perfetti, così come si è, nella propria unicità, altrimenti il perfezionismo inibirà il nostro progresso e non ci farà andare avanti.”
Del resto come diceva Alfred de Musset:
“La perfezione non esiste, capirla è il trionfo dell’intelligenza umana, desiderarla per possederla è la più pericolosa delle follie.”
De resto, sottolinea Eva anche le ultime frontiere del lavoro tra cui spicca la ” Metodologia Agile” si fondano su una massima che:
“Fatto è meglio che perfetto”
“Quindi in conclusione eri caduto in quella che viene definita ” la paralisi della perfezione”, dice Eva, “ma ora che hai preso consapevolezza di questo, possiamo iniziare a muoverci nei ” segreti” come li hai chiamati tu.”
“Prima però permettimi un’ultima considerazione sul valore.” Tornando alla tua storia lavorativa e alle 3.500 vetture vendute.
Caro Adamo, ricordati che:
Noi non siamo definiti da ciò che facciamo, ma il lavoro su cui ci si è impegnati tutta una vita è il nostro valore.
“La sai Adamo la storiella di Picasso e del fazzoletto?”, chiede Eva, “ti va di sentirla?”
“Certo” risponde concitato Adamo, “dai, dai raccontamela.”
“Eccoti servito”, ribatte Eva:
Un giorno Picasso era seduto in un bistrot parigino e un ammiratore gli si avvicinò e gli chiese se poteva fare uno schizzo veloce su un tovagliolo.
Picasso accettò e donando il tovagliolino chiese all’ammiratore una significativa somma in denaro.
Quando l’ammiratore oltraggiato chiese perché, giacché c’erano voluti solo pochi minuti per fare lo schizzo, Picasso rispose: “No, ci sono voluti quarant’anni”.
“Piaciuta? Adesso al lavoro ” conclude Eva…
…ma di questo lavoro e dei segreti promessi, ne parleremo nei prossimi spunti.
Ma noi cosa ci portiamo a casa da questa storia?
Alcune cose importanti, vediamole velocemente:
- Quindi “Fatto è meglio che perfetto”, dove per “fatto” si intende che, se per cominciare aspettiamo l’idea perfetta e la altrettanto perfetta realizzazione, stiamo freschi. Purtroppo, nelle attività umane, la perfezione non esiste. Possiamo avvicinarci fino a sfiorarla, ma non la raggiungeremo mai al 100 per cento. Cit. Riccardo Scandellari
- Bisogna fare attenzione a non collegare tutta la stima in se stessi a qualcosa che facciamo, tipo un lavoro. Ciò che facciamo non è ciò che siamo. A questo punto però è bene anche capire che il lavoro di una vita, ciò in cui eccelliamo crea il nostro valore e non si può svendere. La storiella di Picasso infatti ci insegna a non svendere il lavoro di una vita.
In attesa di scoprire anche noi i segreti di Eva, ti auguro una buona settimana e ti saluto con questa frase di Aristotele sulla perfezione:
Le persone perfette non combattono, non mentono, non commettono errori e non esistono.