Tempo di lettura: prenditi tutto il tempo che ci vuole, fidati che sarà tempo ben speso…
Ciao,
oggi torna a lasciare il segno nelle nostre pagine virtuali, la nostra autrice più eclettica e coinvolgente, Elisa.
Il suo stile di scrittura sempre “diretto” a tratti graffiante, senza mezze parole, piace tanto alla nostra alleanza di cervelli e non solo, visto le reazioni positive sui social, che ogni suo post scatena.
In un periodo sfidante come questo, oggi più che mai, l’introspezione ci tiene compagnia nelle nostre giornate solitarie e inevitabilmente ci conduce verso la riflessione più profonda, forse alla ricerca di un “senso” da dare a questo momento.
Già perché un senso per forza ci deve essere…
… non credi!?
Con Elisa ci siamo sentiti in questi giorni per un saluto, e parlando di questo argomento, del “senso delle cose” in questo nuovo contesto, mi apparso chiaro da subito, che nella sua mente si stava prefigurando un quadro a pennellate forti, con contrasti evidenti e colori materici.
Non un’acquarello sbiadito e accademico, o una gouache leggermente più intensa, ma una vera e propria tela a olio esplosiva, turbinosa, emozionante per colori e intensità, insomma una tela alla Van Gogh.
Una paragone per nulla sfacciato, se penso alla predisposizione naturale di Elisa per i colori, e alla sua incontenibile voglia, di “lasciare il segno” in questo mondo che ama, trasmettendo il suo Elisa Pensiero, come scherzosamente le definisco io.
Questa energia che deve trovare una sua via, come la trovò il Maestro, dipingendo i suoi capolavori, nati dall’impulso irrefrenabile di trasmettere un’immagine alla propria percezione del mondo.
Tutto questo vorticare di idee e di pensieri doveva essere messo “terra” come si suol dire, ma è impresa tutt’altro che facile per chi non è scrittrice di professione.
Alla sua richiesta di un suggerimento, sul come mettere nero su bianco i suoi pensieri in merito allo status quo, non ho saputo far altro che citare una massima di Catone, che mi ripeto ogni volta come un mantra, prima di affrontare un pubblico in aula o una telecamera:
“Abbi ben chiare le cose da dire: le parole verranno”
e quello che state per leggere nello spunto a seguire è il risultato…
…risultato magistrale, che credetemi merita, il giusto tempo di lettura, magari sprofondati nella vostra poltrona preferita, con una tisana ben calda o come piace a me con 2 dita di Porto Riserva e un quadretto di cioccolata.
Buona lettura.
” Le 5 lezioni che ho imparato durante la mia quarantena”
Ciao Daniele,
spero che tu e tutta la tua Alleanza di Cervelli stiate bene, dopo quasi due mesi di quarantena si inizia a intravedere la luce in fondo al tunnel, anche se sappiamo tutti che dovremo accettare una “nuova normalità” e che per qualche tempo dovremo imparare a convivere con il virus … ma “ripartenza” fa rima con “pazienza” e quindi confido che questo sentimento animerà tutti noi.
Prima di tutto vorrei fare un ringraziamento, non solo a te che come sempre ospiti i miei pensieri nel tuo spazio “virtuale” (che in questo momento particolare ha ancora più valore, quando si dice “essere lungimiranti”), ma vorrei rivolgere un sentito e affettuoso ringraziamento a tutte le persone che fanno parte di questa attiva e appassionante community e che mi leggono, che seguono le mie riflessioni, che le condividono oppure che le obiettano. Semplicemente Grazie Di Cuore, A Tutti.
Bene, finito il momento di sentimentalismo (che in momenti come quello che stiamo vivendo un po’ ci sta), ritorno al tema del mio Guest Post e che si riassume in 2 semplici parole: “Coronavirus Docet”.
Ci siamo arrovellati il cervello per settimane, pensando a come affrontare la quarantena, a come difenderci dal contagio, a cosa abbia scatenato il virus, ad appoggiare o a criticare le scelte governative e a disperarci per la crisi economica (ahimè) inevitabile … ma per un momento direi basta di piangere sul latte versato e concentriamoci sul presente.
Facciamo finta che ci abbiano raccontato una storia … la storia di una pandemia che improvvisamente colpisce tutto il globo terreste … stiamo giungendo all’epilogo della storia che ci ha tenuto con il fiato sospeso (o forse solo alla fine del primo capitolo) … e a questo punto la domanda è: QUAL É LA MORALE DI QUESTA STORIA?
Insomma, cosa abbiamo imparato da questo maledetto virus?
Ebbene, io me lo sono chiesto proprio in questi giorni e ora voglio condividere con tutti voi le 5 lezioni che ho imparato durante la mia quarantena – che, per chi non lo sapesse, ho trascorso in totale solitudine nel mio bilocale milanese di 40 mq con un balcone ma senza un giardino … ci tengo a precisarlo non a caso, e se avrete la pazienza di leggere il post fino alla fine, capirete perché (tanto avete ancora tempo … vero? 😊
- “Minimal” è meglio
- La competenza che fa la differenza
- Dove c’è pandemia, c’è equità
- Bisogni nuovi emergenti o bisogni vecchi ritrovati? Questo è il dilemma
- Open your mind: il bisogno di “varietà” e la “buona contaminazione”
- “Minimal” è meglio
Gli inglesi direbbero “Less is more”, io dico: “Minimalismo” … (EH?! Che hai detto??)
Ok, chiariamo subito un concetto: “minimalismo” non è uno strano mostro a tre teste, non è una moda fanatica temporanea, non vuol dire andare in giro a piedi nudi per strada o vivere in una casa senza luce o peggio ancora aderire a una setta.
“Il minimalismo è la ricerca consapevole di ciò che porta gioia nella nostra vita e l’eliminazione volontaria di tutto il resto”. (Anonimo)
Il minimalismo è uno stato mentale, uno stile di vita, è la liberazione dal superfluo, è la ricerca della libertà, della leggerezza, e della versione migliore di noi.
Elimini le cose inutili, che ti rubano energia, per fare più spazio alle cose utili, che l’energia te la regalano.
Hai meno stress, meno ansia, ti puoi permettere di focalizzarti sulle cose davvero importanti con una maggiore chiarezza mentale … sembra un’utopia, no?!
Non lo è per niente, e ti faccio qualche esempio pratico di ciò che intendo io perché tu capisca.
- Ho smesso di comprare vestiti perché non mi serve sovraffollare l’armadio di cose che non avrei nemmeno il tempo di mettermi (e ho pure fatto un pacco di vestiti usati per regalarli a chi ne ha più bisogno)
- Ho smesso di comprare creme e trattamenti vari perché voglio prima consumare quelli che ho, e poi voglio selezionare accuratamente i futuri acquisti
- Ho smesso di fare scorte di cibo in dispensa perché così posso decidere di cosa nutrirmi con più libertà e flessibilità, e non corro il rischio di buttare via qualcosa di cui non mi ricordo l’esistenza
- Ho ridotto al minimo l’uso della tecnologia: a parte il telefono e il PC che in questo momento sono indispensabili, sia per il lavoro che svolgo che per “nutrire” la mia mente, uso al minimo la TV e solo per informazione (non per intrattenimento)
- Non ho abbonamenti né a Netflix né a Sky perché esistono tanti contenuti interessanti di cui posso fruire gratuitamente dal telefono o dal PC
- Non cerco di elemosinare l’attenzione di persone a mala pena conoscenti solo per il gusto di chattare o video chiamare qualcuno, ma scelgo le (poche) persone con cui avere un dialogo giornaliero
E tutto questo sai perché? Perché ho capito di avere già tutto ciò che mi serve per vivere bene anche in un momento come questo, come una casa, un lavoro, la salute, le amicizie sincere … tutto ciò che è superfluo distoglie solo la mia attenzione dalle cose importanti. Non voglio fare la moralista, ma solo essere realista.
Se ci pensi bene, lo spazio e il tempo non sono infiniti, per questo motivo dobbiamo scegliere come occuparli e dalle nostre scelte dipenderà la nostra stessa vita … se li riempiamo di cose inutili, sprecheremo preziose energie, se invece lo occupiamo con qualcosa di utile, beh allora sarà più facile “canalizzare” le nostre energie, non credi?
Sai, in questi giorni ho iniziato a seguire il canale Youtube di una tipa bizzarra, si chiama “Spazio Grigio” (vai a spulciare sul suo blog se vuoi farti due risate), dove racconta dei benefici che ha avuto dopo essere diventata minimalista.
In un articolo spiega quali sono secondo lei i 3 passi verso il minimalismo:
- Motivazione, ovvero prendere consapevolezza del superfluo
- Liberazione, e via con il decluttering come se non ci fosse un domani!
- Mantenimento, è la parte più difficile perché implica forza di volontà, determinazione, capacità di mantenere una promessa fatta a se stessi
E alla fine consiglia un libro che è molto caro anche a me, “Il magico potere del riordino” della scrittrice giapponese Marie Kondo … favoloso, anzi se non lo hai letto, ti consiglio di farlo, la cultura orientale ha molto da insegnarci dal mio punto di vista sul benessere dell’anima oltre che del corpo.
Poi ho scoperto chi il minimalismo lo applica all’estremo e che ha rinunciato davvero a tutto (Paola Maugeri, la nota speaker radio e tv, ha confessato in un’intervista di aver vissuto per un anno senza elettricità in casa … coraggiosa o matta?!) ma noi persone comuni non vogliamo esagerare, non vogliamo privarci dei diritti e di certe comodità che ci siamo guadagnati in secoli di scoperte scientifiche e di evoluzioni, non abbandoniamole per carità, cerchiamo sempre un equilibrio … come si dice “il troppo stroppia” ha la sua sacrosanta validità in entrambi i sensi.
In fin dei conti, credo che dopo questo periodo tutti noi, dolenti o nolenti, dovremo diventare un po’ più minimalisti, perché saremo chiamati ad affrontare dei sacrifici, e quindi tanto vale prepararsi per tempo in modo che possiamo abituarci gradualmente, che ne pensi?
Il mio avvicinamento verso questa cultura dell’“essenziale” è graduale (sia chiaro, ho ancora tanti oggetti di cui potrei sicuramente fare a meno), ma mi rendo conto che molti di questi non mi servono ora e, probabilmente, non mi serviranno nemmeno in futuro, quindi mi sto abituando a non usarli per capire se posso vivere senza e magari, chissà un giorno, liberarmene davvero.
Guardando più al mio piccolo, il prossimo passo verso questa direzione sarà proprio quello di sposare un approccio più minimalista e promuovere un’economia domestica più “sostenibile” , con la lotta allo spreco alimentare (fatto!), il riciclo degli abiti che non uso più (fatto!) e un’attenzione maggiore alle risorse che consumo.
Ricorda: “La semplicità è l’ultima sofisticazione” e se lo diceva Leonardo Da Vinci, mi sento autorizzata a proseguire in questa direzione anch’io.
- La competenza che fa la differenza
In questo periodo si è parlato tanto di “competenze” e finalmente abbiamo iniziato a “dare a Cesare quel che è di Cesare” (almeno a parole), riconoscendo tutti gli sforzi che medici, infermieri, scienziati, ecc … stanno dedicando al bene comune.
La “competenza” è la “capacità di svolgere bene un determinato compito o professione”, vuol dire valorizzare ciò che una persona sa fare, indipendentemente da come l’ha imparato. Vuol dire “conoscenza oggettiva”, supportata da prove e dimostrata da fatti.
Questo ci insegna che non basta un titolo o un pezzo di carta ad abilitarci a una determinata professione, perché puoi essere pluri-laureato e rimanere a casa senza lavoro, al contrario puoi essere abile in qualcosa che magari hai imparato durante un viaggio o che è un tuo talento, una tua passione, e trovare un datore di lavoro disposto a pagarla.
Se prima pensavo che il posto fisso non esiste più, ora ne ho la conferma, perché avere un posto di lavoro a tempo indeterminato, non è sinonimo di “salvezza”, ciò che conta è il saper fare ciò che siamo stati chiamati a fare e dimostrarlo con i fatti.
Chi vantava un titolo di studi che lo legittimava a starsene comodo sulla sedia ergonomica da ufficio, o peggio ancora chi si è improvvisato guru in qualche settore senza una vera preparazione, ne uscirà sconfitto dopo aver combattuto contro la sua stessa ignoranza e incapacità nell’adattarsi a un ambiente mutato.
Possiamo imparare la lezione della competenza dai medici e dagli infermieri che stanno combattendo la battaglia contro il contagio, ma possiamo prendere esempio anche da tutte quelle persone che stanno cercando di reinventarsianche se non possono lavorare e che si stanno sbattendo in mille modi, anche gratuitamente, pur di mettere le proprie competenze al servizio della collettività.
La competenza oggettiva – non quella “auto-attribuita” ma quella dimostrata sul campo – è un bene irrinunciabile.
- Dove c’è pandemia, c’è equità
Quante volte hai già sentito dire che “La pandemia è democratica ?”
Beh, é proprio così … la salute è un tema che riguarda tutti, non c’è età, non c’è razza, non c’è ceto sociale, non c’è ruolo professionale, non c’è orientamento sessuale o politico, non c’è categoria privilegiata che tenga di fronte al contagio di un virus che nessuno conosce.
Non ci sono cittadini di serie A o di serie B nel campo da gioco dove il virus fa l’arbitro … o almeno non ci dovrebbero essere … e qui mi viene in mente la polemica che sta dietro al mondo del calcio, dove le squadre stanno facendo carte false per riprendere il campionato il prima possibile, a scapito della salute dei calciatori, delle loro famiglie e di tutto ciò che gravita intorno a quel mondo.
Perché, mi chiedo? Perché non possiamo essere tutti uguali nel “bene”, oltre che nel “male”? Cosa ha di diverso il mondo del calcio rispetto a un settore produttivo che al contrario è costretto a fermarsi e ad attenersi alle regole, a rischio di fallimento e soprattutto a scapito di un’economia intera?
Anche le società di calcio sono a rischio di fallimento, ok, allora perché i calciatori guadagnano miliardi e non possono rinunciare a tutta questa ricchezza per distribuirla, visto l’emergenza mondiale?
Perché l’artigiano della bottega sotto casa che è rimasto povero deve tirare la cinghia senza lamentarsi e invece il calciatore che era già ricco prima del virus può permettersi il lusso di percepire ancora lo stipendio, senza nemmeno poter fare “smart-working”?
Boh, forse sono io che non capisco o che sono ingenua … o forse c’è qualcosa che non va nel sistema e che deve essere cambiato … comunque, al di là di questo caso particolare, è ovvio che la pandemia sia equa, e come il virus può colpire tutti, allo stesso modo è chiaro che tutti debbano attenersi agli stessi comportamenti.
Nessuno escluso!
Questa malattia non colpisce solo le fasce deboli della popolazione, non è una malattia di povertà, ma nemmeno una malattia di ricchezza, non è una malattia solo orientale o solo occidentale, non è una malattia di ignoranza né di eccessivo benessere …
…insomma, qualcosa di buono l’abbiamo ottenuto con questo coronavirus: l’uguaglianza sociale.
Di fronte al virus siamo tutti uguali!
L’abbiamo rincorsa per anni senza mai realizzarla concretamente, ora siamo di fronte all’occasione del secolo, non più parole ma fatti.
Questo dal mio punto di vista implica maggiore responsabilità per le classi più ricche, che dovranno accettare di rinunciare a qualcosa, sia per le classi più povere, che dovranno iniziare a “competere” al pari degli altri, ovvero acquisire competenze che siano vendibili.
I fenomeni globali ci accomunano e, per questo, dovrebbero farci sentire più simili che diversi, più solidali che divisi.
Dovremmo essere consapevoli del fatto che noi, come singoli o come nazione, non saremmo mai in grado di far fronte con successo alle sfide che hanno una dimensione globale.
Queste ultime richiedono scelte condivise dalle parti coinvolte.
L’uguaglianza – quella “sostanziale” – è un principio costituzionale, ma forse lo abbiamo dimenticato … e allora il Coronavirus è qui ricordarcelo, facciamone tesoro.
- Bisogni nuovi emergenti o bisogni vecchi ritrovati? Questo è il dilemma.
Quasi 70 anni fa lo psicologo statunitense Abraham Maslow teorizzava la famosa “Scala dei bisogni” che è entrata in tutti i libri di economia, psicologia e saggi di ogni tipo. ( Motivazione e personalità di Abraham H.Maslow)
La piramide é composta di 5 livelli e il principio in sintesi é questo: non puoi aspirare ai bisogni più alti se non hai prima soddisfatto i bisogni di base.
La gerarchia dei bisogni é la seguente:
- Bisogni fisiologici (respiro, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi)
- Bisogni di sicurezza (fisica, di occupazione, morale, familiare, di salute, di proprietà)
- Bisogni di appartenenza (amicizia, affetto familiare, intimità sessuale)
- Bisogni di stima (autostima, autocontrollo, realizzazione, rispetto reciproco)
- Bisogni di autorealizzazione (moralità, creatività, spontaneità, problem solving, accettazione, assenza di pregiudizi)
Per anni ci siamo concentrati sui bisogni nella parte alta della piramide, dando completamente per scontato quelli di base … e ora?
La piramide dei bisogni si è rovesciata!!!
In questo momento la nostra attenzione sembra essere tornata a concentrarsi sui bisogni fondamentali, in prima fila quello della “salute” e da cui dipende tutto il resto (lo diceva sempre mia mamma “L’importante è la salute”, e ogni tanto è bene ricordarcelo).
Il modello di Maslow secondo me è sorpassato, dobbiamo rivedere la scala dei bisogni perché è cambiata la scala dei valori e delle nostre priorità. Magari non è più una piramide, ma un circolo, perché una volta giunti all’apice si innesca nuovamente la necessità di controllare la solidità del punto di partenza.
Già Anthony Robbins, noto performance-coach statunitense autore di diversi best-seller, ne aveva proposto un’altra fatta di 6 livelli:
- bisogno di sicurezza
- bisogno di varietà
- bisogno di importanza
- bisogno di amore/unione o appartenenza
- bisogno di crescita
- bisogno di contribuire.
Ad ogni modo, piramide o non piramide, io penso che non sia una questione di nuovi bisogni emergenti da soddisfare, come credono i dipartimenti marketing di tutte le aziende per giustificare le nuove scelte di consumo da parte delle persone, ma che sia più semplicemente variata la composizione dei bisogni di base e il peso relativo che questi hanno sul totale.
Non è tanto una questione di scelta, quanto di necessità. Per questo credo che i brand saranno tanto più convincenti nei confronti dei loro clienti quanto più dimostreranno loro di saper soddisfare i bisogni di base e garantire la solidità delle fondamenta su cui costruire una relazione di fiducia che duri nel tempo.
Basta illusione, aspirazione, è tempo di concretezza, realismo e rispetto dei valori. È tempo di ascoltare, informare, solidarizzare con i clienti.
Anche perché ci dobbiamo impegnare a ricostruire una fiducia e una solidità che abbiamo perso a causa del virus, tutto è diventato labile, dai confini indefiniti, dalla consistenza liquida … ora più che mai abbiamo bisogno di certezze, di solide fondamenta su cui ricostruire la nostra futura nuova normalità.
Se sei arrivato a leggere fin qui ti faccio i miei complimenti … ora chiudo la mia lunga riflessione con l’ultima lezione che ho appreso dalla quarantena, che trae spunto proprio dal bisogno di “varietà” piazzato alla posizione 2 della scala dei bisogni di Robbins.
- Open your mind: il bisogno di “varietà” e la “buona contaminazione”
In quest’ultimo mese e mezzo in cui ho lavorato da casa ho sentito un forte bisogno di varietà, di essere impegnata mentalmente in attività diverse rispetto a quelle solite che svolgo per lavoro, e anche ad affrontare le medesime attività con un approccio diverso, adottando un altro punto di vista.
In questo senso mi sono venuti incontro i libri e gli articoli di attualità che ho letto, i webinar e i corsi online a cui ho partecipato, le video interviste e i podcast che ho ascoltato, ma anche i film e i documentari che ho guardato, i colleghi e gli amici con cui ho parlato…
…insomma tutto quello che ha riempito le mie giornate è stato per me occasione di riflessione, confronto, arricchimento e in alcuni casi anche grande fonte di ispirazione.
La varietà dei contenuti a cui siamo esposti e la contaminazione tra i vari argomenti ha un grandissimo beneficio sulla nostra capacità di affrontare le situazioni lavorative, ci da nuova energia e nuovi strumenti per “fare la punta al cervello” … è una varietà che nella mia vita precedente avevo iniziato ad approcciare ma con difficoltà, schiava dei tempi degli spostamenti, degli orari di lavoro, della necessità di essere fisicamente in un certo luogo e con certe persone e le scarse occasioni di vagare oltre con la mente.
Se il virus ha messo in discussione i nostri bisogni di base, in un certo senso ha dato più valore a certi bisogni che prima non avevamo il lusso di appagare e ci sta aprendo una finestra sul mondo in cui noi dobbiamo essere pronti a entrare, senza paura e senza incertezza, ma semplicemente con un grande senso di curiosità e una grande voglia di rinascere e rifiorire.
Ed è proprio il caso di dire … bye bye zona di comfort …
Sei davvero arrivato fino alla fine? Ne sono onorata … ora ci vuole un bel premio!
Allora mi tolgo il cappello della “Elisa pensante” e mi riapproprio del mio spirito esuberante e festaiolo di sempre, così smorziamo un po’ il tono di questo lungo post …
… poiché ultimamente vanno tanto di moda gli aperitivi online, perché non ne organizzi uno con tutta la tua Alleanza di Cervelli?!
Se stai storcendo il naso (già ti vedo), ti do subito 3 buoni motivi per cui dovresti farlo:
- Dare un volto e una voce a tutti noi che ti leggiamo, ti seguiamo, ti commentiamo … ma che non ci conosciamo!
- Fare network e sviluppare nuove relazioni: chissà che tra i tuoi Alleati non possano nascere delle conoscenze o delle collaborazioni di qualche tipo
- Ultimo motivo, ma non ultimo per importanza … dare a tutti noi una scusa per tirare fuori un bel calice di vino e berlo tutti insieme, anche se davanti a una telecamera
Pensaci, nel frattempo ti saluto con un abbraccio virtuale e con una frase che mi piace molto:
“La vita comincia alla fine della tua zona di comfort” ha detto una volta un tale di nome Neale Donald Walsch , ed io aggiungo “specialmente se la tua zona di comfort sta in 40 mq!”.
Ah dimenticavo … questa sono io oggi dopo 2 mesi di quarantena milanese … e se è vero che un’immagine vale più di 1.000 parole, allora non penso di doverti spiegare che le 5 lezioni che ho imparato mi fanno mantenere lucida, sorridente e positiva nonostante tutto … perché a volte bisogna “metterci la faccia” per sostenere le proprie idee … non credi?!
A presto
Elisa
Grande Elisa che non ci delude mai…
… visto che il Porto è terminato, e la lettura del post mi appassionava, sono passato direttamente alle bollicine per pregustare l’aperitivo che a questo punto mi sento in dovere di organizzare prima possibile.
(Chiaramente Elisa mi darai una mano… vero!?)
Bellissima idea, che metteremo in pratica a brevissimo, utilizzando una video chat per dare finalmente, con la scusa del brindisi, un volto a questa meravigliosa alleanza di cervelli.
Prosit.
Buon fine settimana di quarantena a tutti.
Daniele
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SCRITTO DA
Elisa Adamo
Specialista Marketing Diretto & Fidelizzazione presso Cofidis
Pisana di origine, trapiantata a Milano ha un’esperienza pluriennale nel settore del credito al consumo, dove si occupa principalmente di pianificare, attuare e gestire i piani di marketing.
La passione e l’entusiasmo la guidano nel lavoro, e nella vita privata, sempre molto attiva e dinamica. Ama confrontarsi con le sfide e non ultimo scrivere per la nostra Alleanza di Cervelli, dove riscuote un notevole successo.
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Daniele Murgia
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