Ciao,
conosci il Dott. Travis Bradberry?
E’ l’autore del bestseller “Intelligenza Emotiva 2.0” e cofondatore della società, TalentSmart.
L’autore sostiene che l’intelligenza emotiva (Q.E), sia 2 volte più importante del Q.I. per raggiungere i propri obiettivi personali e che il 90% delle persone di successo al mondo vanta un elevato Q.E.
La sua società TalentSmart, oltre ad fornire i migliori test di valutazione dell’intelligenza emotiva, offre un programma graduale che permette di aumentare l’intelligenza emotiva e sviluppare appieno il proprio potenziale tramite quattro essenziali capacità: autoconsapevolezza, autogestione, coscienza sociale e gestione dei rapporti.
In un recente articolo postato sul suo profilo LinkedIn, il Dott Bradberry ha elencato le undici frasi che non si dovrebbero mai dire al lavoro, rivolgendosi al proprio capo o dialogando con un collega. Ne potrebbe essere compromessa la carriera.
Mi è sembrato un articolo interessante e ho pensato di condividerlo con te.
«Non importa quanto tu sia bravo o esperto, vi sono alcune espressioni che cambiano all’istante la percezione che gli altri hanno di te e che possono metterti per sempre in cattiva luce» ha scritto l’esperto.
Eliminarle dal proprio vocabolario, quindi, risulterà gratificante.
Anche se farlo potrebbe rivelarsi più difficile di quanto si creda, avverte ancora Bradberry.
“Non è giusto” è una di quelle più diffuse (e anche più sbagliate). «Tutti sanno che la vita non è giusta – spiega il co-fondatore di TalentSmart – Dire a proposito di qualcosa che “non è giusto” fa credere, invece, che pensi che la vita dovrebbe essere giusta, il che ti rende immaturo e ingenuo. Se non vuoi apparire in una veste negativa, stai sul pezzo, sii costruttivo e tralascia le interpretazioni» consiglia Bradberry.
“Abbiamo fatto sempre così”: «I cambiamenti tecnologici sono così repentini che anche una procedura di soli sei mesi potrebbe risultare superata. Dire che qualcosa si è sempre fatta allo stesso modo non solo ti fa apparire pigro e resistente al cambiamento, ma potrebbe anche indurre il tuo capo a chiederti perché non hai provato da solo a migliorare le cose. E se davvero hai sempre fatto qualcosa nello stesso modo, c’è quasi sicuramente una maniera migliore».
“No problem”: «Quando qualcuno ti chiede di fare qualcosa, o ti ringrazia per averla fatta, e tu rispondi così, suggerisci l’idea che la richiesta avrebbe potuto essere un problema. Negli altri si insinua l’idea di averti imposto qualcosa. Ciò che invece devi mostrare è che sei felice di compiere i tuoi doveri. Meglio dire “È stato un piacere” o “Sarò lieto di occuparmene”: una sottile differenza di linguaggio, ma un enorme impatto sugli altri».
“Penso…/Potrebbe essere un’idea sciocca…/Sto per fare una domanda stupida…”: «Tutte queste espressioni danneggiano all’istante la tua credibilità. Anche se le fai seguire da un concetto notevole, suggeriscono l’idea che tu stesso ci credi poco, cosa che contribuisce a far perdere fiducia in te da parte delle persone con cui stai parlando. Non essere troppo critico con te stesso, se tu sei il primo a non aver fiducia in te, nessun altro ce l’avrà. E, se davvero non sai nulla a proposito di qualcosa, meglio rispondere: “Al momento non lo so, ma mi informo e te lo farò sapere”».
“Ci vorrà un minuto”: «Questa frase sminuisce le tue competenze e dà l’idea che svolgi i tuoi compiti sbrigativamente. A meno che tu non sia davvero capace di portare a termine un incarico in 60 secondi, sentiti libero di dire che non ti ci vorrà molto».
“Ci proverò”: «Anche solo il senso della parola suggerisce il concetto che hai poca fiducia in te stesso. Prenditi carico pienamente delle tue capacità. Se ti viene chiesto di far qualcosa, o ti impegni a farla o offri un’alternativa, ma non dire che ci proverai».
“È pigro/incompetente/cretino”: «Non c’è alcun vantaggio nel fare un’osservazione dispregiativa nei confronti di un collega. In tutti i posti di lavoro ci sono persone incompetenti e scortesi, ed è probabile che tutti lo sappiano. Se non hai la forza necessaria per aiutarli a migliorare o a mandarli via, non hai niente da guadagnare nel pubblicizzare la loro inadeguatezza. Parlare della negatività di un tuo collega suona più come un maldestro tentativo di farti sembrare migliore di loro».
“Non è di mia competenza”: «Questa frase implica che sei disposto a fare il minimo indispensabile per guadagnarti lo stipendio. Se quindi il tuo capo ti assegna un compito che non rientra nelle tue competenze, fallo con entusiasmo. Poi, programma un colloquio con lui per ridefinire il tuo ruolo e, nel caso, aggiornare i tuoi compiti. Ciò eviterà di farti apparire meschino e aiuterà te e il tuo superiore a chiarire quali sono le cose che devi o non devi fare a lavoro».
“Non è colpa mia”: «Non è mai una buona idea sfuggire a una colpa. Se hai contribuito per la tua parte (non importa quanto piccola) a far andare male qualcosa, prenditi la tua responsabilità. Altrimenti, offri un’obiettiva, spassionata spiegazione di cosa è successo. Tieniti ai fatti, starà poi al tuo capo e ai tuoi colleghi trarre le conclusioni su chi ha la colpa».
“Non posso”, frase-gemella di “Non è colpa mia”: «Alle persone non piace sentirla perché pensano che tu voglia dire “Non mi va”. Dire così fa credere che non sei disposto a fare il necessario perché un lavoro sia completato. Se davvero non sei in grado di svolgere un compito perché ti mancano le necessarie competenze, quello che dovresti fare è offrire un’alternativa. Invece di dire ciò che non puoi fare, indica ciò che puoi».
L’ultima delle frasi da non dire sul posto di lavoro, secondo Travis Bradberry, è forse anche la più emblematica:“Odio questo lavoro”: «L’ultima cosa che chiunque vuole sentire a lavoro è un collega che se ne lamenta. Ciò lo etichetta come persona negativa e abbassa il morale del gruppo».
Interessante?
A volte si pronunciano frasi con leggerezza, che possono rivelarsi micidiali, e io per primo dovrò stare attento d’ora in poi.
E adesso : Azione!!!
Daniele
Visto che il suo libro è esaurito ovunque, vi consiglio questo altro bestseller: