Ciao
siamo stati letteralmente catapultati in un’altra dimensione.
Un viaggio da A a B senza fermate intermedie e l’annuncio della vocina metallica nell’altoparlante ha recitato più o meno cosi:
“Da domani tutti a casa, si lavora da casa, si studia da casa, si vive “a casa”. Stop.”
Una modifica così importante delle nostre abitudini può creare non pochi problemi, specie a chi a casa c’è stato sempre poco come me per esempio, oppure per chi non è mai stato “tecnologicamente evoluto”, che si ritrova improvvisamente a ricrearsi una postazione d’ufficio a casa, sommerso da chat, call, mail, videochiamate…
… e in tutto questo marasma, magari deve anche seguire i figli che improvvisamente con un salto quantico, si ritrovano la scuola a casa, con tutti i problemi di ” connessione” con il corpo insegnanti e le farraginose procedure scolastiche del nostro bel paese e tu che devi, in un giorno, diventare un tutore stile “Signorina Rottenmeier”. (Citazione solo per i diversamente giovani…)
Insomma un bel casino che potrebbe far andare in pappa anche il cervello più razionale e stabile del mondo, anche perché tutto è successo in una manciata di ore e come ben sappiamo il nostro cervello si evolve e si adatta in tempi un filo più lunghi,
Questo perché il cervello umano è molto abitudinario.
Ma poi si adatta…
…eccome se si adatta.
E allora scatta la “comodità ad oltranza”: giornate passate in tuta, o peggio in pigiama, computer sulle ginocchia perennemente sul divano o peggio sdraiati a letto.
Questo nel brevissimo può andare, ma nel medio periodo crea un problema di “confusione” al nostro cervello.
E’ scientificamente provato che il il modo in cui ci sentiamo e agiamo è influenzato dagli abiti che indossiamo.
E qui si apre la solita discussione se “l’abito fa o non fa il monaco”, ma di questo ne parleremo in un prossimo post a breve.
Torniamo al nostro abbigliamento durante il lavoro a casa.
Come dicevo, il nostro cervello ha bisogno, specie in questi momenti di certezze, e una di queste è il nostro modo di vestirci, il nostro outfit, insomma il famoso abito del monaco.
Questo fenomeno in Neuroscienze viene definito con il nome “Enclothed cognition” e cioè come anche i vestiti esercitano un potere sui nostri pensieri.
Nell’articolo pubblicato nel 2012 su Journal of Experimental Social Psychology da Adam e Galinsky, intitolato Enclothed Cognition, i due scienziati ci raccontano il seguente esperimento:
I ricercatori hanno dapprima testato l’effetto dell’indossare camici bianchi da scienziato.
58 studenti sono stati invitati a svolgere un famoso test di attenzione selettiva (Stroop Test).
Durante l’esperimeno di Stroop al soggetto vengono mostrate delle parole scritte con colori diversi.
Il compito consiste nel pronunciare a voce alta il colore dell’inchiostro cui è scritta la parola. Il colore è quindi l’informazione rilevante.
I 24 che hanno indossato il camice bianco hanno commesso la metà degli errori rispetto alla media del restante campione.
La conferma che sia proprio il fatto di indossare un indumento a determinare modifiche nei nostri pensieri è data dall’evidenza che coloro che effettivamente hanno indossato il camice da laboratorio hanno registrato una migliore performance rispetto ai soggetti che l’hanno solo visto adagiato su una scrivania.
Anche indossare lo stesso camice, informati però del fatto che esso appartenesse a un pittore, è stato associato a una performance più scarsa rispetto al primo gruppo del campione, confermando l’importanza del valore simbolico dell’abbigliamento.
Non sembrano esserci dubbi: indossare un abito, piuttosto che un altro, esercita un discreto potere sulla percezione che abbiamo di noi stessi.
In base a come siamo vestiti vediamo il mondo in un modo diverso, e ci comportiamo in modo diverso.
Quindi dobbiamo fare molta attenzione ai messaggi che mandiamo al nostro cervello, sopratutto a livello inconscio, parte del nostro Io, dove si creano l’80% dei nostri comportamenti e delle nostre abitudini.
E già. E tutto questo quasi sempre a nostra insaputa.
C.Jung ci suggerisce proprio di “rendere cosciente l’inconscio altrimenti sarà l’inconscio a guidare la nostra vita e tu lo chiamerai Destino”
Ti faccio un esempio di come un comportamento agisca sul cervello e viceversa.
Alla mattina quando ti alzi, devi far risplendere il sole. Scosta subito le tende, apri le imposte o le persiane alza le tapparelle, insomma fai entrare la luce e se la giornata è cupa, piuttosto accendi la luce, otterrai lo stesso effetto.
Con la luce il nostro corpo svolge funzioni importanti, come il rilascio di ormoni, la digestione ecc… ma per partire ha bisogno del comando specifico del cervello, che vedendo la luce gli ordina: “è giorno, comincia a lavorare!” ( è un tipetto abbastanza autoritario).
Quando ti vesti i e fai colazione apri le persiane in modo che il cervello capisca e faccia iniziare il corpo a funzionare.
Se invece ti alzi e rimani in penombra, ti cambi al buio, il cervello non recepisce l’invito e non manda il comando, il tuo corpo pensa che non sia ancora il momento di funzionare e questo ritarda il ritmo naturale del corpo e fa iniziare la giornata male.
Interessante, no?
Rimaniamo sul nostra “Enclothed cognition” e sul il significato simbolico dell’abbigliamento e il fatto di indossarli effettivamente.
In questo momento sfidante il nostro cervello, più che mai ha bisogno di “certezze” .
Il cambio così repentino della variabile ambientale cioè il passaggio dall’azienda/ ufficio a casa, unito all’utilizzo di un’abbiglimento troppo comodo, che non viene riconosciuto come “lavorativo” crea una miscela estremamente pericolosa.
Una miscela che invia segnali al nostro cervello di confusione, facendo cambiare l’umore, calare drasticamente il livello di concentrazione quindi il focus e la performance.
Il mio consiglio, unito a quello di tanti studiosi è quello di adottare un abbigliamento come se dovessimo andare in azienda.
Può sembrare strano, ma credimi, il fatto di vestirsi bene come se dovessimo andare al lavoro, manda un segnale al nostro cervello molto potente che lo aiuta a sentirsi meglio e gli da maggior sicurezza, che in questo periodo è merce molto ricercata.
Intanto noi continuiamo a restare a casa e facciamo in modo che tutto andrà bene, come dice l’amica Caterina nel suo Guest Post.
E presto torneremo a spiccare il volo.
Ti saluto con i versi di una poesia:
“E se diventi farfalla
nessuno pensa più
a ciò che è stato
quando strisciavi per terra
e non volevi le ali.”
versi tratti dalla poesia “Se avess’io”
ALDA MERINI
Buon Lunedì #iorestoacasa.
Daniele
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