La ripetizione ha una cattiva fama.
La consideriamo spesso poco intelligente e fonte di nessuna ispirazione…
…è un errore macroscopico.
Platone diceva:
Non vi è nulla di male nel ripetere una buona cosa.
E’ la leva più potente che abbiamo per migliorare le nostre abilità perché utilizza un meccanismo innato che abbiamo per sviluppare le connessioni tra i neuroni più velocemente.
E’ qui che entra in campo la Mielina.
La Mielina è un isolante che ha la funzione di ricoprire e avvolgere gli assoni (i cavi di collegamento tra neuroni), del nostro cervello esattamente come la guaina di un filo elettrico.
Fa in modo che il segnale si muova più velocemente e non abbia dispersioni.
Fino a qualche secolo fa si pensava fosse inerte, in realtà si è scoperto che cresce proporzionalmente alle ore spese in pratica.
Puoi immaginarlo così: ogni volta che tuo fai pratica, aggiungi uno strato di Mielina, a protezione e degli assoni, rendendo il segnale di collegamento più veloce e accurato.
La mielina è vitale, non cresce quando “pensi di fare pratica”.
Cresce solo se la pratica la fai veramente, quando entra in campo metaforicamente “il sudore”
Ma veniamo alla definizione di ripetizione:
è l’atto di ripetere attentamente un’azione, spesso con leggere variazioni che ne aumentano gradualmente la difficoltà, induce l’aumento della velocità dei percorsi cerebrali e migliora la precisione.
Quando il Team 6 degli U.S.Navy ha organizzato nel Maggio 2011 l’incursione contro l’edificio di Osama Bin Laden in Pakistan, si è preparato costruendone una copia scala 1:1 nel North Carolina e in Nevada allenandosi per tre settimane ad affrontare tutte le possibili variabili e condizioni che avrebbero potuto incontrare. Hanno utilizzato le ripetizioni per costruire i circuiti di cui avevano bisogno per il lavoro.
Nel mio passato da pilota di aerei “della domenica”, il fattore ripetizione, mi ha aiutato a riportare a casa la pellaccia.
Per decine di volte, con istruttori vari e anche da solo, ho simulato ripetutamente le varie emergenze che potevano capitarmi in volo, con le molteplici varianti, fino a non poterle più sopportare, mi davano quasi la nausea.
Quando però il 2 Gennaio del 1992 il motore del mio aereo si è spento mentre stavo per oltrepassare la cima del monte Resegone…
… ebbene devo ringraziare le decine di ore passate a simulare e ripetere le procedure, se adesso sono qui a scrivervi questi spunti.
Quindi:
La ripetizione crea l’abilità.
A questo punto entra in campo lo psicologo svedese Anders Ericsson, con la sua teoria che è poi diventata famosa anche grazie al libro Fuoriclasse. Storia naturale del successo in cui il giornalista Malcom Gladwell elenca una serie di personaggi che sarebbero arrivati al successo con la pratica costante e ostinata che lui quantifica in circa “diecimila ore”.
Da qui è nata la suddetta regola: riuscire a diventare ottimi violinisti o tennisti sarebbe alla portata di tutti, purché si sia disposti a sudare con l’archetto o la racchetta.
In realtà se fosse così scontato, potremmo essere indotti a pensare che iltalento non incida minimamente nelle abilità.
Io sono dell’idea che comunque in certe attività è meglio lasciar perdere se non si è minimamente portati.
Che ne pensi Stefano?
Detto questo, nonostante gli ultimi studi abbiano in qualche modo ribaltato la teoria di Ericsson, specialmente per le attività con un alto grado di imprevedibilità, dando conferma alle mie umilissime idee, io sono del parere che un buon mix tra talento e pratica deliberata assidua possa creare il cocktail perfetto, a patto che non ci dimentichiamo del valore del sudore e del focus necessario e sopratutto che, se non siamo minimamente portati, è meglio fare un piccolo bagno d’umiltà e lasciar perdere.
Quindi come dicevano i Latini, ma solo se si è portati:
Repetita iuvant
e il grande Donald L. Dewar sottolineava:
Solo con una ripetizione costante riuscirete a creare il cambiamento.